di Maria Liuzzi
Per noi pugliesi il suo
nome è sinonimo di buonumore, da anni è il Re indiscusso delle
barzellette sceneggiate, con lui il divertimento è assicurato! Il
successo del Mudù sembra essere arrivato all’improvviso per Uccio De
Santis, chiacchierando con lui scopriamo che in realtà gran parte del
suo percorso professionale è stato dedicato alla classica gavetta.
La prima domanda è
d’obbligo: perché hai chiamato il programma “Mudù”?
Naturalmente il riferimento
è al tipico intercalare barese, che tanto piace anche al di fuori dei
confini pugliesi… Tutto parte dal ballo di gruppo che ho inventato
qualche anno fa, usato come sigla per i villaggi d’animazione nei quali
ho lavorato. Nel passaggio alla tv ho voluto utilizzare “Il ballo del
Mudù” come sigla del programma, quindi il nome da dare alla trasmissione
c’era già!
Un successo importante ed
un’idea assolutamente originale. Come avviene il passaggio dalla
classica barzelletta al cortometraggio?
Dopo anni di gavetta, la
voglia di apparire in tv cominciava a fasi sentire… Nel ’97 approdai a
“La sai l’ultima”, e raccontando barzellette arrivò anche la notorietà a
livello nazionale. In quell’anno ho anche vinto il Premio Bramieri,
riconoscimento importante che mi ha reso davvero fiero. Nel 2000 la
partecipazione a “Ciao Darwin” (il programma condotto da Paolo Bonolis,
nel quale avevo uno spazio comico tutto mio) e “Arrivano i nostri”,
condotto da Pippo Franco. La televisione mi intrigava sempre di più, ma
desideravo un programma completamente mio, che rispecchiasse la mia
personalità e che sembrasse cucito su di me… L’idea è nata senza
pensarci troppo: dal ’97 le barzellette erano parte integrante del mio
lavoro, unendole alla voglia di apparire sul piccolo schermo… è nato il
Mudù!
L’idea c’è, quanto hai
dovuto aspettare prima di poterla realizzare?
Chi mi conosce sa che non
amo le lungaggini… Mi sono messo subito al lavoro ed ho realizzato un
dvd dimostrativo, sottoponendolo ai vertici di Telenorba. Il progetto è
piaciuto ed ho immediatamente realizzato la prima edizione del Mudù, che
è andata in onda nel 2000. Mi accingo a girare la quinta serie, e benchè
sia innegabile che il Mudù è il mio cavallo di battaglia, ho sempre
cercato di proporre anche idee alternative, diversificando i programmi
da offrire alla platea televisiva. Programmi che sono piaciuti e che
sono felice di aver potuto relizzare grazie alla fiducia guadagnatami
sul campo. Le esperienze di “Stasera con Uccio” e Robinuccio sono state
piacevoli ed importanti.
Mai stato tentato dal
grande schermo?
Assolutamente sì! Nel 2003
ho anche avuto un ruolo nel film “Le barzellette” di Vanzina, nel 2004
il cortometraggio “Il garante” girato a Matera. Mi sono state proposte
diverse cose che sto valutando, ma quello che vorrei davvero è un
programma tv a livello nazionale. Attualmente sta andando in onda “Il
meglio di Barz”, una sorta di Mudù che ho girato per Sky, ma ci sono in
cantiere anche altri progetti, dei quali ovviamente preferisco non
parlare per scaramanzia.
Definirti vulcanico sarebbe
solo un eufemismo…
Fortunatamente sono sempre
riuscito ad arrivare dove volevo, seppur lentamente. Ma proprio questa
lentezza mi fa assaporare a 360° ogni tappa del mio percorso.
Professionalmente ho avuto tutto quello che volevo dalla nostra
splendida Puglia, se dovessi cercare una novità potrei solo… buttarmi in
politica! Attualmente sono impegnato anche sul fronte teatrale: Gino
Landi mi ha voluto nella sua versione de “La vedova allegra”, l’operetta
di Franz Lehar in scena i primi di febbraio al Piccinni di Bari. Mi è
stato affidato il ruolo di Njegus, il Cancelliere dell’Ambasciata del
Pontevedro a Parigi.
E trovi anche il tempo per
sostenere progetti di rilevanza sociale.
E’ impossibile restare
sordi ad appelli di questo tipo! Sono sempre disponibile per
manifestazioni di beneficenza e da diversi anni ho legato il mio volto
all’AGEBEO, che si occupa di bambini malati. Ritengo sia un dovere
mettere la propria arte al servizio di persone meno fortunate,
sensibilizzando l’opinione pubblica su temi di così grande importanza.
Abbiamo parlato del
presente e del futuro lavorativo, ma credo che ai nostri lettori
piacerebbe sapere qualcosa in più sul passato, su quello che è stato il
tuo cammino prima di guadagnarti “un posto al sole”.
Il mio percorso comincia
dall’infanzia: a sei anni avevo già iniziato la gavetta, esibendomi come
mago in parrocchia. Ero un grande fan del mitico Silvan, acquistavo
tutti i suoi libri per imparare i trucchi del mestiere. Amavo in
particolare i numeri con la corda, che regolarmente proponevo nelle
riunioni familiari a Natale.
Un talento precoce! La tua
famiglia cosa pensava delle tue doti di prestigiatore?
Mio padre è medico, sicuramente si
aspettava che seguissi le sue orme… La mia famiglia inizialmente non mi
ha incoraggiato, anche perché la passione per lo spettacolo è nata in
un’età in cui avrei dovuto impegnarmi prevalentemente nello studio. Da
adolescente, tra le pagine del libro che fingevo di studiare, c’erano i
trasferelli con i quali preparavo personalmente i manifesti per le mie
esibizioni…. A quindici anni frequentavo assiduamente il teatro: mi
piacevano le commedie in vernacolo, e tornavo a vedere lo stesso
spettacolo diverse volte, per poter registrare interamente i dialoghi e
copiare gli attori. Ancora non mi era chiaro che si potesse
semplicemente acquistare il testo…
Un duello tra lo studio e
la passione per le luci della ribalta… Quando hai capito che lo
spettacolo poteva anche essere un lavoro?
Ho proseguito gli studi iscrivendomi
alla Facoltà di Economia e Commercio, dopo aver conseguito il diploma da
ragioniere. Diciamo che all’Università ho voluto essere particolarmente
scrupoloso, sostenendo i cinque esami con i quali mi sono cimentato un
paio di volte, tanto per essere sicuro di aver approfondito bene i
concetti…. Sull’altro versante, quello che mi ha particolarmente aiutato
ad incanalare le energie nel modo giusto è stata l’esperienza con gli
Scout, con i quali sono rimasto dai 15 ai 21 anni. In quegli anni ho
potuto mettere alla prova le mie doti e perfezionare gli spettacoli che
proponevo al pubblico. Ogni ragazzo doveva affrontare un percorso
pratico, ed io avevo scelto la recitazione. Il mio debutto è avvenuto a
Frascineto, in Calabria, quando avevo circa diciassette anni. A
ventiquattro anni organizzavo delle vere e proprie tournèe con la mia
compagnia, composta da una decina di amici. Giravamo la Puglia
proponendo ai villaggi turistici “Non tutti i ladri vengono per
nuocere”, la commedia di Dario Fo. In cambio chiedevamo ospitalità ed un
piccolo rimborso spese che ci consentiva di raggiungere la tappa
successiva. Un’iniziativa che funzionò davvero: per tre estati
consecutive riuscimmo ad unire l’utile al dilettevole, facendo un lavoro
che ci piaceva e che contemporaneamente ci permetteva di essere in
vacanza nei posti più belli della nostra regione. Il passo successivo è
venuto di conseguenza, in modo naturale: ho aperto una mia agenzia di
animazione, l’Organizzazione Omnia, e per otto anni ho collaborato con
le strutture presenti a Brindisi, Cassano, nel Salento, nel Gargano…
Insomma ho girato davvero tutta la Puglia, posti ai quali sono legato e
dove torno sempre volentieri. Mi fa sorridere il guardare indietro,
ripensando a quando dovevo esibirmi almeno mezz’ora per poter strappare
il primo applauso, ed ora invece tutto inizia appena metto piede sul
palco…
Hai mantenuto i contatti
con i tuoi amici nonchè primi compagni d’avventura?
Sì, molti di loro sono anche presenti
nel Mudù, ma mi hanno accompagnato in tutte le tappe della mia carriera.
Il primo approccio televisivo risale all’85, mi esibivo in un programma
di Telebari proprio con due amici, Manuele Tartanone e sua sorella
Tania. Eravamo un trio comico sulla scia di Solenghi - Marchesini –Lopez,
imitavamo anche Al Bano e Romina. Poi il passaggio a Teleregione con
“Corri da Uccio” e “Gioco in casa”.
Com’è Uccio De Sants nel
privato?
Bella domanda! Innanzitutto chi mi sta
vicino deve accettare il fatto che non riesco ad abituarmi ad una vita
tranquilla, sono sempre alla ricerca di un progetto nuovo nel quale
impegnarmi e, senz’ombra di dubbio, il lavoro assorbe la maggior parte
della mia quotidianità. Sono sposato e ho due figlie, Simona e Roberta
di dieci e nove anni, la mia gioia più grande. Penso di averle
influenzate con il mio lavoro: vogliono fare le attrici o le veline,
ballano già da diversi anni…. Vedremo se cambieranno idea crescendo, di
sicuro non potrei non incoraggiare le loro vere inclinazioni! |